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Per poter parlare con senso avveduto della pittura di Pietro Paggio è
necessario partire dalle sue origini familiari. Paggio è sì un
vercellese, perché ormai la lunga permanenza nelle terre della risaia lo
rende figlio adottivo, ma le sue radici sono ancora saldamente ancorate
nella terra del sole, la Sicilia, ed è da questa terra che egli prende
la sua anima coloristica. Paggio non nasconde, non minimizza, non
annulla, la sua discendenza; anzi, di questa ne fà un vanto, fino al
punto di voler collegare al suo nome artistico il collegamento al suo
passato. Ed eccolo quindi presentarsi ai suoi estimatori, onde evitare
confusioni ed omonimie, come Pietro Paggio il Siciliano.
Pietro è artista da sempre, ancor prima di seguire gli
insegnamenti di Renzo Roncarolo all'Istituto di Belle Arti di Vercelli,
perché il dono di creare forme e disporre colori lo puoi affinare con lo
studio ma lo devi avere già dentro di te. Le prime opere risentono di
una impostazione più accademica, con forme ben definite ed un accurato
uso dei chiaroscuri. Ma ben presto questo modo di riprodurre con fedeltà
l'ambiente che lo circonda non lo soddisfa più. Paggio si abbandona
allora al suo estro, al suo istinto del colore utile a definire la
forma, a risolverla con poche sapienti pennellate dandole vita,
movimento, sostanza. Il disegno non serve più perché l'opera è già
presente nella sua mente e chiede solo di essere trasportata sulla tela,
velocemente, perché nulla vada perduto o dimenticato.
In molti hanno tentato di definire la pittura di Paggio. Certo si
avvicina, se proprio vogliamo, ad un certo modo di dipingere degli
espressionisti, specialmente quando si ritrova a definire con poche e
profonde lame di colore le magie dei paesaggi, siano essi vercellesi,
monferrini o valdostani. Ma vi è un qualcosa in più che fà di Paggio un
caso a parte ed è la sua arte di sgretolare il colore, di accennare le
forme dando ad esse la completezza necessaria senza alcun sovrappiù, di
cogliere momenti che mai più torneranno perché inghiottiti dall'incedere
del tempo. "La velocità di esecuzione mi permette di fissare l'attimo
che passa... quando dipingo all'aperto bastano pochi minuti per far
mutare drasticamente una luce o la temperatura dei colori...". Ecco il
Paggio che parla di come tenta di gabbare il dio Chronos.
Pietro Paggio ha ancora davanti a se ancora una lunga serie di
esperienze da compiere e di emozioni da regalare ai suoi sempre più
numerosi estimatori. Passato con estrema originalità a dipingere la
figura (molto apprezzati i suoi lavori che riprendono momenti dei
mercatini rionali) è ora avviato verso una sperimentazione incentrata
sull'informale: dopo lo sgretolamento del colore vi si aggiunge ora lo
sgretolamento della forma con risultati che già si annunciano innovativi
e forieri di ulteriori passaggi creativi.
Sarebbe molto lungo elencare tutte le personali e le collettive alle
quali Pietro Paggio ha partecipato. Ci limitiamo a ricordare per l'anno
2004 la sua esposizione presso lo Spazio d'Arte Soqquadro di Vercelli e
le tre mostre che lo porteranno prima in Sicilia (dal 27 al 31 maggio
alla Cittadella di Troina e dal 4 al 18 giugno ospite dei Musei Civici
di Caltagirone) e poi dal 17 al 31 luglio in Valle d'Aosta. |
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